lunedì 11 gennaio 2010

ScumFromTheSun + Bava @ Circolo Anarchico Ghisolfa - Milano

[Disclaimer: Giulia ha detto che non scrive perchè si sente ispirata. Peccato, con tutte le offese che le toccano in questa recensione vi sareste divertiti tantissimo a leggere i nostri colloqui. In ogni caso, al concerto c'era anche lei.]

I centri sociali mi ricordano la mia bambinezza. Per qualche assurdo motivo, mi sembra sempre che chiunque vi si trovi all'interno abbia la stesso comportamento che io avevo a 15 anni. Intendo i centri sociali piccoli, lerci e true, come quelli di Pisa, non quelli di alta classe come il Cox 18 (big up!) o il Leoncavallo, che sono ormai nella mia mente più alla stregua di locale cheap che di casaoccupataconfinipolitici.
Fatto sta che dovrei abbandonare questa convinzione e recarmici più spesso, almeno qualora vi siano concerti come quello di sabato. Certo, nel più dei casi incorrerei in un vomito incessante di drum&bass e birra lidl che mi farebbe scappare dopo cinque minuti, ma a questo giro siamo state fortunate e l'esplosione di sub-woofer è stata generata da altri tipi di ritmi&melodie, che ci sono decisamente piaciuti.
Dunque. Il centro sociale anarchico in questione si chiama Ponte della Ghisolfa ed ha un aspetto meraviglioso. E' dei più piccoli e marci che abbia mai visto, e ha quell'aria vissuta e putrefatta che mi ha sempre affascinato di tali posti, mista ad attacchi d'arte di dubbia provenienza e rimanenze di flyers d'annata sui muri che recano nomi di musicisti all'apice nella hall-of-fame della musica da disagiati.
Ogni volta che entriamo in questo genere di posti c'è sempre quella cinque minuti di disadattamento che ci fa sentire un pò pesci fuor d'acqua, soprattutto qualora sia palpabile l'atmosfera di noi-siamo-tutti-amici-siamo-tutti-compagni-e-tu-chi-cazzo-sei tipica dei luoghi più intimi e piccini. Comunque, siamo donne di mondo e ci mettiamo poco ad ambientarci, purchè Giulia si ricordi che non deve inneggiare al Nazismo in maniera troppo evidente e non mostri i fraintendibili marchi che si è impressa sulle braccia a omaggio di certi gruppi della scena neofolk degli anni '80. Purtroppo è rinomato che gli estremisti politici 'di là' non hanno il senso dell'umorismo e non capiscono il lato 'estetico' della citazione destrorsa, e credo che i soliti discorsi Giulia Style su quanto siano belli gli aviatori della Luftwaffe non avrebbero avuto molta interlocuzione verbale prima di passare alle secchiate di benzina e fiammiferi accesi, soprattutto dal momento in cui sa dissimulare molto male il suo non-nazismo al punto di far venire, qualche volta, dei dubbi persino a me.
Ma piantiamola di dilungarci sulle fantasie erotiche nazionalsocialiste della mia collega e focalizziamoci sulla musica, tralasciando la parata di personaggi di dubbissimo gusto sui quali abbiamo spettegolato tutta la sera e il fatto che a Milano i centri sociali abbiano i prezzi di un locale qualsiasi di Pisa mentre i centri sociali di Pisa hanno prezzi che fanno concorrenza al Lidl stesso.
Il primo gruppo che si reca sul non-palco (pavimento, per essere pignoli), si chiama Bava ed è della zona (credo). Consiste in un quartetto di musici andati in chiara overdose da CCCP, non tanto musicale (appaiono più spinti e veloci) quanto testuale ed iconografica, e ci propina una trafila di pezzi a cassa dritta tra i quali anche alcune buone intuizioni, se per buone intuizione si può intenderei qualcosa di musicalmente non completamente già sentito e risentito nell'oceano musicale dai-Crass-in-poi con il quale ci devastiamo le orecchie da tempi non sospetti. Molti pezzi non sono male anche se a lungo andare generano una reazione di ripetitività, ma è una prerogativa del genere quindi ci sta. Testi in italiano un pò troppo ragazzi dello zoo di Berlino per i miei gusti, ma che io abbia un'idiosincrasia per ciò che parla di sociale e di politico si sa, quindi non si avevano dubbi che avrei commentato con 'oh no, ancora quel cantatodeclamatorio alla Offlaga Disco Pax che mi fa venire male all'intestino'. (I Bava non assomigliano per niente agli Offlaga Disco Pax, ma era il primo gruppo il cui cantato mi da tantissimo fastidio che mi veniva in mente).

Finiti i Bava e due deliziosi vodka orange, arrivano quindi gli ScumFronTheSun, scovati da Giulia nei suoi tour telematici su forum all'apice del disagio umano di-quelli-che-frequenta-lei. Descrizioni random sulla rete parlavano di Doom, psichedelia, ambient, elettronica e pentole battute su coperchi di pentole (il mio modo amichevole di dire industrial), e già ci immaginavamo una riedizione nostrana dei SunnO))). Ma il pastone indistinto di generi a caso ci aveva fatto capire che c'era pane per i nostri denti, e difatti il quartetto non ci ha deluso.
Un simpatico duo di analogici sparpagliati sul suolo del centro sociale si affianca ad una coppia di digitali nell'angolino malefico dei diggei del luogo, generando una formazione chitarra-basso-drum machine/synth che già ci fa capire che c'è qualcosa di non completamente ovvio nell'aria.
Si parte con luci basse, delle videoproiezioni di colori caldi (gaahhaahagahaga videoproiezioni gahagahahaga - io ho un debole per le videoproiezioni, big up per le videoproiezioni!), e una partenza quasi in sordina rispetto al resto, con dei riff stoner nella media accompagnati da una base elettronica che quasi infastidisce me, che sono dichiaratamente old school e non apprezzo i sintetizzatori qualora facciano qualcosa che potrebbe fare anche una batteria con suoni nettamente più interessanti (Giulia ovviamente non è d'accordo - lei e i suoi coperchi di pentole).
Ma ci vuol poco a far venire fuori il potenziale degli aggeggi tutti-tasti, e il sound si trasforma in un'atmosfera cupa ed irrequieta che in poco tempo fa passare in secondo piano la parte analogica a favore dei giochi elettrici della modulazione di frequenze. Bellissimo il divario tra parti prettamente elettroniche e momenti più caldi e chitarrosi, che costituiscono le fasi dei loro lunghissimi brani.

Constatazione: è sconcertante quanto ovvio di come un concerto del genere possa riuscire milioni di volte meglio in un posto di merda del genere rispetto ad un qualsiasi locale live. Sconcertante perchè si pagano biglietti salati per sentire gruppi che basano metà della loro resa sui suoni e poi sono addomesticati da fonici incompetenti e settaggi terrificanti (vedi Magnolia coi Melvins recentemente), ovvio perchè laddove tutto ciò che si ha è una stanzetta senza preamboli con quattro casse e un mixer autogestito la parte atmosferica non può che essere modulata nel migliore dei modi (se chi li produce è buono, chiaramente, ed è il nostro caso). Difatti, quel bel tepore nevrotico doom ambient dato dalle vibrazioni dei synth in crescendo che dovrebbe essere parte integrante di questo tipo di musica c'era ed è stato godibile, cullando dolcemente la vodka nel mio stomaco e mettendo quella voglia di stare ad occhi socchiusi a percepire solo le luci mutevoli delle videoproiezioni (oh, come sono poetyca quando mi ci metto!).
Di SunnO))) alla fin fine non hanno neanche granchè, essendo molto meno tetri e satanici ed estremamente più rilassanti e melodici, nonostante l'irrequietezza palesemente voluta.

Ergo, invito gli amanti del genere a tener d'occhio questo gruppo e reperire il disco 'La caduta prima del distacco', con un lodevole packaging tutto latta e industrialità che ne arricchisce la bellezza. Saremo sicuramente di nuovo dei loro quando suoneranno nei dintorni, e vi consiglio di fare altrettanto.

Nel frattempo, vi linko il loro sito e chiudo con la fine della nostra serata, ovvero la distruzione di tutta quella bellissima atmosfera segnata dall'andare allo Shelter, dove, come al solito, mi sono ingozzata di salatini per poi addormentarmi a bocca aperta sul divano, che è ormai l'immagine di me più consueta che hanno gli avventori di quel locale di cultori del demonio e di Adolfo (perchè noi siamo politically correct e ci gettiamo dall'anarchia al nazismo esoterico in men che non si dica, ahah).


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